l tema del volontariato e dell’attività lavorativa prestata dai soci delle Associazioni di Promozione Sociale è stato affrontato in prima battuta dall’art. 18 della Legge n. 383 del 7 dicembre del 2000, recante (Disciplina delle associazioni di promozione sociale) il quale prevedeva che questa categoria organizzativa, per perseguire fini istituzionali, dovevano avvalersi prevalentemente delle attività prestate in forma volontaria, libera e gratuita dai propri associati, potendo però, in casi di necessità particolare, assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestatori di lavoro autonomo, anche ricorrendo ai propri associati.
La normativa in questione sembrava non porre limiti circa il numero di associati e/o di risorse esterne all'Associazione che potevano essere retribuite a fronte di una prestazione lavorativa.
Con l'entrata in vigore del Codice del Terzo settore (D.lgs. 117/2017 e ss.), il quale tratta in maniera più specifica e puntuale il tema degli Enti del Terzo settore, al Capo II dedica attenzione agli Ets in forma di Associazioni di Promozione Sociale. Gli articoli che in questa sede ci interessa esaminare sono il 35 e il 36, che rispettivamente definiscono il fenomeno e stabiliscono i criteri di contrattualizzazione e retribuzione delle risorse umane a fronte di prestazioni lavorative.
Nello specifico:
L'art. 35, più o meno in linea con la normativa del 2000, stabilisce che "Le associazioni di promozione sociale sono enti del Terzo settore costituiti in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, da un numero non inferiore a sette persone fisiche o a tre associazioni di promozione sociale per lo svolgimento in favore dei propri associati, di loro familiari o di terzi di una o più attività di cui all'articolo 5, avvalendosi in modo prevalente dell'attività di volontariato dei propri associati o delle persone aderenti agli enti associati". Ciò significa che anche le delle Aps del Terzo settore dovranno avvalersi in modo prevalente di prestazioni svolte in maniera gratuita da parte dei propri associati. Ciò non significa che questi enti sono obbligati ad avere associati volontari al loro interno ma che i propri associati dovranno in prevalenza svolgere attività gratuite, tranne nei casi in cui l'Associazione reputi necessario doversi avvalere di prestazioni retribuite (da parte dei propri associati e/o da persone esterne).
Alcune limitazioni vengono stabilite dall'art. 36, il quale recita che "le associazioni di promozione sociale possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura, anche dei propri associati (...) solo quando ciò sia necessario ai fini dello svolgimento dell'attività di interesse generale e al perseguimento delle finalità. In ogni caso, il numero dei lavoratori impiegati nell'attività non può essere superiore al cinquanta per cento del numero dei volontari o al cinque per cento del numero degli associati".
In questo articolo, viene posto un limite specifico sia riguardo alle circostanze che spingono una Associazione di promozione sociale ad avvalersi di prestazioni lavorative retribuite che sulla quantità di risorse umane contrattualizzabili. Infatti la norma stabilisce che, nel caso in cui all'interno dell'Associazione ci siano associati volontari sarà necessario rispettare la soglia massima del 50%. Vale a dire che il numero di persone retribuite non può superare il cinquanta per cento del numero dei volontari.
Nel caso in cui, invece, all'interno dell'Associazione non ci siano volontari, la sogli sarà pari al 5% del numero degli associati. E qua, la questione diventa spinosa!!!
Volendo interpretare con ottimismo il dettato dell'art. 36, si potrebbe immaginare che il legislatore volesse riferirsi solo a determinate tipologie contrattuali, per le quali si applicherebbero le limitazioni appena indicate, però siccome non viene fatto alcun riferimento specifico, anzi, viene menzionato il rapporto di lavoro dipendente e le "prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura" possiamo certamente giungere alla conclusione secondo cui tali limitazioni riguardano qualsiasi forma di rapporto di lavoro che riguardi sia gli associati che le risorse esterne.
E' evidente che la ratio della norma sia quella di favorire il perseguimento delle finalità associative tramite attività di lavoro gratuito, limitando il ricorso al lavoro subordinato e/o autonomo degli associati, visto che le APS non hanno finalità di lucro e non possono distribuire utili, tuttavia ci tocca fare la seguente riflessione:
Il calcolo delle predette percentuali sarà possibile solo in caso di Associazioni costituite da numeri elevati di associati e/o di volontari, viceversa per associazioni con pochi associati sarà pressoché impossibile. Per fare un esempio: se l'Associazione è costituita dai soli 7 associati fondatori e da nessun volontario, come si calcolerà la percentuale del 5% sulla base della quale poter contrattualizzare risorse umane?
Il risultato sarebbe un numero minore di 1, quindi sarebbe matematicamente impossibile poter retribuire risorse umane (sia interne che esterne). In tal modo, le Aps, a nostro giudizio, vengono accomunate (almeno per questo specifico aspetto) alle OdV, le quali non possono retribuite, in nessun modo, i propri associati.
Sulla questione specifica, purtroppo non ci sono chiarimenti. Quindi, possiamo presumere che l'idea del Legislatore sia di invogliare - implicitamente - le Aps a dotarsi di numeri elevati di associato e/o di volontari.
Il consiglio che noi diamo è, dunque, di incorporare all'interno dell'Associazione un congruo numero di associati e/o di volontari in modo da poter, nei casi specifici indicati dagli artt. 35 e 36 avvalersi dell'apporto lavorativo retribuito dei propri associati e di persone esterne, sempre previa deliberazione da parte degli organi associativi competenti.
A tal proposito, infatti, ci viene da pensare che le limitazioni di cui sopra, possano essere superate nel caso in cui l'associazione deliberi (attraverso l'organo assembleare) specifiche autorizzazioni nei confronti degli associati o delle persone esterne da contrattualizzare per far fronte ad esigenze straordinarie.